giovedì 8 ottobre 2009

La Lettonia nuovamente a rischio di default fa paura alle banche Svedesi

Torniamo su un tema che ci aveva appassionato nei lontani giorni del panico finanziario, il rischio di default dei Paesi Baltici ed in particolare della Lettonia.

Yves Smith di Naked Capitalism ha la traduzione inglese di un articolo svedese riguardo allo stato delle trattative tra Lettonia e IMF. Il bilancio preventivo per il 2010 dovrebbe essere approvato entro questo mese e i draconiani tagli di spesa richiesti dall'IMF per concedere l'agognato prestito sembrano ben lontani dal poter essere approvati da un governo che al contrario rischia il collasso. Da giorni circolano vari scenari di default o svalutazione della moneta lettone e ci si domanda quali banche rimarranno coinvolte e in che misura. E soprattutto quale sia il rischio che si inneschi un effetto domino con le altre economie in difficoltà, più o meno vicine.



Per quello che se ne sa le banche svedesi sono particolarmente esposte avendo elargito prestiti in euro a privati e aziende che oltre alla drammatica crisi economica (PIL a -18% in un anno) rischiano anche di dover far fronte ad una massiccia svalutazione della propria moneta, che corrisponde ad un aumento reale del debito residuo. Per quanto l'economia della Lettonia sia decisamente piccola nel caso che l'accordo con l'IMF salti il governo svedese è preparato ad affrontare una seria crisi bancaria. Naturalmente il fatto che lo scenario del default lettone è sul tappeto da diversi mesi ha dato tempo a banche e governi di prendere contromisure e implementare strategie di minimizzazione del danno. Anche nel caso che il sistema finanziario della Lettonia collassi in maniera simile a quello islandese gli effetti sul sistema finanziario mondiale dovrebbero essere molto limitati. Purché non si estenda il contagio.

Secondo il Ministero degli Affari Esteri la banca italiana più esposta è la solita Unicredit che però ha una penetrazione sul mercato lettone significativamente più bassa che negli altri paesi dell'est Europa e anche negli scenari peggiori non dovrebbe risentirne granché. Ancora, purché non si estenda il contagio.

Aggiornamento: oops! qualche ora dopo aver pubblicato questo post è circolata la notizia che un'asta  di debito pubblico lettone è andata deserta e che il ministro delle finanze ha assicurato che il Lat non verrà svalutato. Come nota Yves Smith, quando un Paese arriva a dover negare di voler svalutare la propria moneta, di solito è ormai troppo tardi.

domenica 4 ottobre 2009

Occupazione e disoccupazione negli Stati Uniti: ma quale "ripresa imminente"?

Venerdì il consueto appuntamento con il Bureau of Labor Statistics (BLS) per i dati mensili sull'occupazione USA è stato particolarmente interessante e per niente rassicurante sullo stato dell'economia americana. Il dato che fa i titoli dei giornali è stato piuttosto negativo e peggiore delle attese, 260.000 post di lavoro persi ad agosto e disoccupazione al 9,8%, ma i dettagli interni, quelli che sui giornali specializzati quando va bene finiscono nei meandri delle pagine di economia, sono seriamente preoccupanti.

Cominciamo con la drammatica contrazione di circa 1 milione di unità di forza lavoro e occupazione ad agosto segnalata da Karl Denninger in September Unemployment: ACTUAL LOSS 995k. Ricordiamo che la forza lavoro è composta dai cittadini occupati più quelli che stanno attivamente cercando lavoro e che il tasso di disoccupazione è la percentuale di chi cerca attivamente lavoro sul totale della forza lavoro. Grazie a questa definizione quando un disoccupato smette di cercare attivamente lavoro, ad esempio perché scoraggiato, il tasso di disoccupazione diminuisce! Da mesi ormai il tasso ufficiale di disoccupazione U3 viene calmierato dalla massa di ex-disoccupati che escono dalla forza lavoro.

In Employment-Population Ratio, 10% Unemployment, Part Time Workers anche Calculated Risk si occupa di altri indicatori del mercato del lavoro e presenta, come suo solito, degli interessanti grafici sugli andamenti di lungo periodo. Il dato più preoccupante che emerge è quello sulla partecipazione al lavoro, ossia il rapporto tra occupati e popolazione, riprodotto sotto, che è letteralmente precipitato in un paio d'anno a livelli visti l'ultima volta all'inizio degli anni '80.



L'altro dettaglio ignorato dalla stampa, ma non da Zero Hedge, è stata la candida ammissione del BLS di aver probabilmente sottostimato il numero dei posti di lavoro persi nell'ultimo anno di circa 800,000 unità, su un totale di 4,8 milioni che erano stati riportati. Ma la cosa non sarà ufficiale fino a febbraio del 2010 e i paladini delle "ripresa imminente" si prenderanno la licenza di ignorare il dato fino ad allora. Riporto sotto un altro grafico tratto da Calculated Risk che ci aiuta a visualizzare l'impatto della correzione nel confronto con altre recessioni.



Nel grafico è disegnata la percentuale di posti di lavoro persi a partire dalla picco di occupazione precedente, si tratta di una misura non standard che è stata scelta da Calculated Risk dopo un interessante dibattito con Barry Ritholtz di The Big Picture su come meglio comparare eventi economici lontani nel tempo.

Complimenti, grazie alla revisione del BLS l'attuale crisi economica strappa la palma di "peggiore recessione dalla Grande Depressione" alla recessione del 1948.