domenica 4 ottobre 2009

Occupazione e disoccupazione negli Stati Uniti: ma quale "ripresa imminente"?

Venerdì il consueto appuntamento con il Bureau of Labor Statistics (BLS) per i dati mensili sull'occupazione USA è stato particolarmente interessante e per niente rassicurante sullo stato dell'economia americana. Il dato che fa i titoli dei giornali è stato piuttosto negativo e peggiore delle attese, 260.000 post di lavoro persi ad agosto e disoccupazione al 9,8%, ma i dettagli interni, quelli che sui giornali specializzati quando va bene finiscono nei meandri delle pagine di economia, sono seriamente preoccupanti.

Cominciamo con la drammatica contrazione di circa 1 milione di unità di forza lavoro e occupazione ad agosto segnalata da Karl Denninger in September Unemployment: ACTUAL LOSS 995k. Ricordiamo che la forza lavoro è composta dai cittadini occupati più quelli che stanno attivamente cercando lavoro e che il tasso di disoccupazione è la percentuale di chi cerca attivamente lavoro sul totale della forza lavoro. Grazie a questa definizione quando un disoccupato smette di cercare attivamente lavoro, ad esempio perché scoraggiato, il tasso di disoccupazione diminuisce! Da mesi ormai il tasso ufficiale di disoccupazione U3 viene calmierato dalla massa di ex-disoccupati che escono dalla forza lavoro.

In Employment-Population Ratio, 10% Unemployment, Part Time Workers anche Calculated Risk si occupa di altri indicatori del mercato del lavoro e presenta, come suo solito, degli interessanti grafici sugli andamenti di lungo periodo. Il dato più preoccupante che emerge è quello sulla partecipazione al lavoro, ossia il rapporto tra occupati e popolazione, riprodotto sotto, che è letteralmente precipitato in un paio d'anno a livelli visti l'ultima volta all'inizio degli anni '80.



L'altro dettaglio ignorato dalla stampa, ma non da Zero Hedge, è stata la candida ammissione del BLS di aver probabilmente sottostimato il numero dei posti di lavoro persi nell'ultimo anno di circa 800,000 unità, su un totale di 4,8 milioni che erano stati riportati. Ma la cosa non sarà ufficiale fino a febbraio del 2010 e i paladini delle "ripresa imminente" si prenderanno la licenza di ignorare il dato fino ad allora. Riporto sotto un altro grafico tratto da Calculated Risk che ci aiuta a visualizzare l'impatto della correzione nel confronto con altre recessioni.



Nel grafico è disegnata la percentuale di posti di lavoro persi a partire dalla picco di occupazione precedente, si tratta di una misura non standard che è stata scelta da Calculated Risk dopo un interessante dibattito con Barry Ritholtz di The Big Picture su come meglio comparare eventi economici lontani nel tempo.

Complimenti, grazie alla revisione del BLS l'attuale crisi economica strappa la palma di "peggiore recessione dalla Grande Depressione" alla recessione del 1948.

8 commenti:

Alessandro ha detto...

Ho appena trovato un bell'articolo di Steve Keen di Debtwatch, un nuovo blog che seguo da qualche settimana.

Debtwatch No. 39 October 2009: In the Dark on Cause and Effect

L'articolo è molto lungo e tosto non c'è male, non ho ancora finito di leggerlo, ma volevo segnalarlo ai più arditi per la descrizione dell'ambiente accademico/governativo in cui nessuno apparentemente riesce a pensare fuori dal reame dell'economia neoclassica, nemmeno ora che si è dimostrata tanto inadeguata e disastrosa.

Mostra anche una batteria di grafici molto interessanti.

Alessandro ha detto...

Rispondo preventivamente ad una domanda ovvia: come è possibile che il BLS riporti 0.25 milioni di posti di lavoro persi ad agosto se nello stesso report poche righe più sotto gli occupati risultano diminuiti di quasi 1 milione di unità?

Non ne sono completamente sicuro, ma immagino che la differenza sia spiegata dall'aggiustamento stagione (seasonal adjustment). Se storicamente ad agosto di perdono 700.000 posti di lavoro, ad esempio a causa della fine degli impieghi stagionali estivi, il numero viene aggiunto al dato grezzo in modo da riportare solo la variazione di lungo periodo.

Il punto principale del post di Denninger non è il dato sugli occupati di per sè, ma il fatto che sia associato al dato sulla forza lavoro.

andrea ha detto...

ciao alessandro
felice di ritrovarti a fornire dati e indicazioni.
ti segnalo un bell'articolo di krugman sul new york times del 6 settembre intitolato:
"how did economists get it so wrong ?".
se hai la possibilità leggilo altrimenti te lo trasmetto.
saluti.

Americo ha detto...

Ho l'impressione che anche in Europa i trend dell'occupazione non sembrino alimentare grandi previsioni di ripresa. Seguendo la stampa tedesca - sopratutto nel post-elezioni - si sentono solo notizie di duemila licenziamenti in un angolo, tremila nell'altro, cinquemila in un altro ancora. E si parla di "aziendine" come Siemens, Bosch e compagne. Il tutto in un momento in cui lo Stato non sa dove andare a prendere i soldi per supportare i maggiori fabbisogni della "rete sociale". Del resto mi sembra che anche in Italia si preannuncino evoluzioni preoccupanti (ad esempio FIAT e indotto). Se questi sono i presupposti di una "ripresa imminente" non vorrei vedere quelli di un "principio di recessione". Continuando con queste "riprese" non si torna al '29?
Un saluto

Alessandro ha detto...

No Americo, il '29 c'è già stato l'anno scorso, il rischio attuale è il '33 o peggio il '39.

Americo ha detto...

@ Alessandro

Penso che oggi un '33 non sia piú ipotizzabile. Non che ne manchino le potenziali cause, ma ne mancano i presupposti fondamentali: le capacità. Il '33 è nato come risposta forte di un popolo forte: umiliato (da Versailles) e ridotto alla disperazione (dalla recessione), ma forte nelle sue strutture interne - magistratura, istruzione, senso dello Stato, disciplina, disposizione al sacrificio, volontà di riscatto. Non vedo - nell'Europa di oggi - questo genere di risorse. E' tutto decadente, corrotto, marcio. C'è chi ha detto che è meglio cosí - se il "romanticismo idealista" genera un Hitler, meglio, cosí si dice, un sistema "anti-romantico" che genera i vari Chirac, Kohl, Berlusconi. Insomma - si campa meglio in compagnia di un tacchino che di un'aquila. E i tacchini non fanno né i '33 né i '39. Eventualmente li subiscono, finendo poi a soddisfare - ben arrostiti - gli appetiti altrui.

Quindi escluderei una riedizione europea del '33. Un'ipotesi di questo genere potrebbe invece, forse, costituire materia di un romanzo fantapolitico ambientato in Russia o in Cina - ma non conosco la realtà di quei Paesi e di quei popoli al punto da poter azzardare prognosi.

Alessandro ha detto...

@Americo

eccellente analisi e con la quale concordo in pieno.

Il '33 di cui parlavo non è quello politico (manca Versailles), ma quello economico. Nel '29 e anche nel '30 nessuno parlava di depressione economica, solo di una crisi finanziaria, di panico tra gli investitori e la "ripresa" era a portata di mano.

Il '33 al contrario è stato l'anno in cui i numeri ufficiali dell'economia mondiale hanno segnato il fondo, con la disoccupazione al 20% in molti Paesie la percezione diffusa che ci si trovasse nel bel pieno di una depressione economica.

Il riferimento al '39 era politico, ma è ancora solo una nuvola sull'orizonte... orientale.

Americo ha detto...

@ Alessandro

Grazie per la delucidazione. Provenendo da interessi storico-scientifici mi avvicino solo ora al settore economia/finanza - e quindi '33 e '39 hanno per me un "sapore" prevalentemente politico - ma quello che dici è verissimo. In effetti un allargamento di ottica non può fare che bene...