sabato 30 agosto 2008

Credito al consumo: un modello finanziario del gioco del cerino

Un settore della finanza che mi è sembrato un castello di carte totalmente insensato fin da molto presto nel mio percorso di studi finanziari è il cosiddetto credito al consumo. Rispetto ad altri settori della finanza è molto semplice descrivere il modello finanziario e la sua intrinseca debolezza con un esempio.

Tuo cugino ti si presenta a casa a giugno e dice: "Caro cugino, visto che quest'anno io e mia moglie ci siamo spesi fino all'ultimo centesimo dei nostri stipendi e in vita nostra non abbiamo messo da parte il becco di un quattrino quest'anno non possiamo permetterci le vacanze. Ma se ci presti i 2.500 euro che ci servono per andare in crociera ti prometto che tra un anno te li rendiamo col 10% di interessi." Se accetti la proposta stai facendo del credito al consumo. E se pensi di aver fatto un buon affare considera che:
  • l'unico modo in cui tuo cugino può estinguere il debito è riducendo il proprio tenore di vita. Infatti l'anno prossimo non solo dovrà rinunciare alle vacanze (cosa che non ha saputo fare quest'anno), ma dovrà anche risparmiare i 2750 euro che si è impegnato a restituirti,
  • ma l'unico motivo per cui tuo cugino ha bisogno di credito al consumo in primo luogo è perché ha sempre mantenuto in vita sua un tenore di vita al limite delle proprie possibilità e non ha mai saputo risparmiare
ossia la proposta che hai accettato è: "Quest'anno non ho saputo né risparmiare 2.500 euro, né rinunciare alle vacanze, ma ti prometto che l'anno prossimo risparmierò 2.750 euro e rinuncerò alle vacanze". Quante probabilità ci sono che ciò avvenga?

Ma c'è una scappatoia, l'anno prossimo tuo cugino può continuare col tenore di vita di sempre e presentarsi da un altro parente a chiedere un prestito di 5.250 euro, sempre al 10%, col quale saldare il debito con te e farsi la vacanza. In tempi di credito facile, questo balletto del debito può andare avanti parecchi anni anche perché tutti i finanziatori effettivamente rientrano di capitale e interessi e tuo cugino si costruisce una solida reputazione di "debitore affidabile".

Finché un giorno i tempi del credito facile finiscono, tuo cugino non trova da rifinanziare il debito ormai consistente e irripagabile e qualche parente si ritrova con un grosso cerino in mano. La famiglia va incontro a una classica crisi finanziaria come descritta in Si fa presto a dire crisi.

Basta sostituire i parenti con banche e finanziarie e abbiamo il modello di business del credito al consumo. Per sua stessa natura la domanda di credito al consumo viene da chi farà più fatica a saldare il proprio debito e cercherà di rifinanziare più frequentemente. Il gioco consiste nel non rimanere l'ultimo col cerino in mano o si rischia di fare la fine di Merrill Lynch.

Ovviamente questo gioco non può finire bene.

venerdì 29 agosto 2008

Merrill Lynch da lezione su come perdere in 18 mesi un quarto dei profitti realizzati in 36 anni

Secondo un articolo del Financial Times Merrill Lynch possiede il non invidiabile primato di distruzione dei profitti generati. Infatti la terza banca d'affari degli Stati Uniti nei suoi 36 anni di attività come società quotata in borsa ha registrato, corretti per l'inflazione, $56 miliardi di profitti tra il 1971 e il 2006 e $14 miliardi di perdite negli ultimi 18 mesi. Il prospetto economico sul sito di ufficiale di Merrill ancora non comprende i $4,6 miliardi di perdite registrate nel secondo trimestre 2008, ma da un'idea di quello che sta succedendo, in media ogni trimestre di perdite cancella tra un semestre e un anno di profitti passati. E tutto lascia supporre che le pene per Merrill non siano affatto finite.

Per confronto, il lavoratore a 20.000 euro l'anno introdotto in Dare un senso ai numeri della macroeconomia guadagna al netto dell'inflazione €720.000 in 36 anni, per riuscire a emulare Merrill Lynch deve riuscire a bruciare 180.000 euro in 18 mesi, ossia 10.000 euro al mese, senza che gliene venga nessun beneficio.

Come detto in Cosa si può fare per risolvere la crisi in realtà le perdite erano già avvenute in passato, è solo la registrazione contabile che è avvenuta negli ultimi 18 mesi, quindi buona parte di quello che sta avvenendo a Merrill Lynch, come a tutte le altre banche che accumulano mega-perdite, è semplicemente un'operazione verità sui mega-profitti completamente infondati, ma registrati contabilmente negli anni passati.

Aggiornamento: Devo smetterla di postare il venerdì sera, appena mi distraggo fallisce una banca. Questa volta tocca a Integrity Bank, di Alpharetta, Georgia, con circa $1 miliardo di depositi e la palma di banca più tossica d'America tra quelle analizzate nella UNOFFICIAL Troubled Bank List (lista non ufficiale delle banche in difficoltà).

mercoledì 27 agosto 2008

USA: Banche morte che camminano?

Al rientro dalle ferie non molto è cambiato, i mercati immobiliari mondiali continuano a crollare, la crisi finanziaria prosegue la sua lunga marcia a piccoli passi e le banche trovano stratagemmi sempre nuovi per nascondere la propria insolvenza. Le novità significative sono una decisa rivalutazione del dollaro e il crollo per prezzo del petrolio, che però è ancora abbondantemente sopra i $100 al barile.

Un buon riassunto della situazione nel settore finanziario americano è un articolo in 4 pagine di Bennet Sedacca e Rob Roy su Minyanville intitolato Dead Banks Walking? (Banche morte che camminano?). Riassumo le liste dei morti e dei vivi dall'articolo. Non ci sono grosse sorprese.
Cominciamo con i quelli che tra qualche anno saranno i probabili sopravvissuti:
  • Bank of America
  • Bank of New York
  • JP Morgan Chase
  • Northern Trust
  • State Street
  • US Bancorp
  • ABN Amro
  • Deutsche Bank
  • BNP Paribas
  • Royal Bank of Scotland
  • Barclays
  • Allianz
I morti viventi veri e propri sono:
  • Fannie Mae e Freddie Mac (la nazionalizzazione può arrivare in qualsiasi momento, costo stimato per il contribuente a stelle e strisce: $500 miliardi)
  • Lehman Brothers (in vendita da diverse settimane e con lo spettro di dover pubblicare una trimestrale di cassa orribile nelle prossime settimane)
  • Zions Bancorp
  • KeyCorp
  • Fifth Third Bank
  • Washington Mutual (il fallimento della quale manderebbe per aria anche la FDIC, ossia l'ente federale di assicurazione dei depositi bancari)
  • National City
  • Regions Financial
  • General Motor/GMAC (sì, General Motors, la più grande casa automobilistica del mondo)
  • Ford/Ford Motor Credit Co. (sì, la Ford)
  • Wachovia (una banca molto simile a Washington Mutual, ma più grossa)
  • CIT Group
Gli zombi che probabilmente, per un motivo o per un altro, non scompariranno del tutto, ma potrebbero comunque subire trasformazioni sono:
  • Citigroup
  • Merrill Lynch
  • Morgan Stanley
  • Suntrust
  • Legg Mason
  • Capital One
  • AIG
  • MetLife
  • Prudential
Riassunto: il prossimo paio d'anni non butta niente bane.

sabato 9 agosto 2008

La Seconda Grande Depressione o la Seconda Depressione Mondiale?

Il 31 agosto del 1939 nessuno chiamava "Prima Guerra Mondiale" il drammatico conflitto del 1914-18. I contemporanei la chiamavano semplicemente "la Grande Guerra", esattamente come chiamavano semplicemente "la Grande Depressione" i dieci anni di profonda crisi economica iniziati con il crollo del mercato azionario di New York del 1929.

Gli eccessi finanziari dei ruggenti anni '20 impallidiscono a confronto all'orgia di debito e speculazione finanziaria che ha impazzato nei paesi occidentali negli ultimi venti anni, e oggi come allora si prepara lo scenario per una crisi economica globale. Tutti i Paesi del G7 sono appena entrati in recessione (USA e Giappone), o sono sull'orlo di una recessione (Italia e Canada) o sembrano in procinto di entrare in una recessione (Gran Bretagna, e probabilmente anche Francia e Germania). Oggi come allora il danno è stato fatto da tempo ed è troppo tardi per evitare una crisi economica, ma oggi come allora gli eccessi del passato non sono sufficienti a trasformare la recessione globale incombente in una grande depressione mondiale.

Allora i potenti del tempo, politici, banchieri, industriali e tutti coloro che avevano tratto vantaggio dagli eccessi finanziari degli anni Venti hanno tentato fino allo strenuo di salvare i fallimentari modelli economico-finanziari che stavano collassando, al costo di trasformare la crisi economica del '29 nella vera e propria depressione del '33. Come ben illustrato da London Banker in Olio di serpene e Deflazione una volta che il sistema economico è costruito su politiche autodistruttive, la risposta delle elite del passato è sempre e solo di riproporre un'ulteriore dose delle stesse politiche autodistruttive. Finché la devastazione economica e politica porta alla nausea, al rigetto del passato e in fine al cambiamento culturale e politico. Solo che nel '33 in Germania il cambiamento politico si chiamava partito nazionalsocialista.

Oggi più di allora per trasformare la recessione globale in qualcosa di veramente devastante paragonabile a una seconda grande depressione servirebbe il lavoro assiduo, meticoloso e determinato di elite politiche, economiche e finanziarie decise a mantenere lo status quo costi quel che costi. Capaci di ignorare le più basilari regole della logica che imporrebbero di abbandonare modelli comportamentali che si sono dimostrati non semplicemente autodistruttivi, ma banalmente autodistruttivi. Capaci di precipitare ottusamente se stessi e il proprio Paese nell'abisso pur di non cedere il più piccolo brandello di potere...
  • George W. Bush (o per essere più precisi Richard B. Cheney e Henry M. Paulson),
  • Vladimir V. Putin,
  • Hu Jintao,
  • Abdullah bin Abdul Aziz Al Saud,
  • J. Gordon Brown,
  • e nel nostro piccolo, Silvio Berlusconi.

...

Dicevo. Suona meglio "la Seconda Grande Depressione" o "la Seconda Depressione Mondiale"?

London Banker: "Olio di serpente e deflazione"

Il post di London Banker Snake oil and Deflation è tanto profondo quanto devastante. Condivido in pieno la sua analisi degli eccessi economico-finanziari che oggi hanno raggiunto il parossismo e condivido lo scoramento per quello che ci aspetta in futuro e insieme la determinazione nel voler lottare per ottenere un sistema diverso e funzionante.

Condivido tanto le sue idee che pubblico di seguito la mia traduzione del suo pezzo, per permettere anche a chi non mastica l'inglese economico-finanziario di apprezzarne il pensiero. Chiunque ne abbia la possibilità legga l'originale perché l'inglese usato è molto bello e intraducibile.
È probabile che in futuro avremo grandi dibattiti su chi, come, perché e percome della recessione/depressione incombente, sopratutto se porterà al conflitto globale e al riallineamento delle valute che segnerà la fine del sistema Bretton Woods II e dell'egemonia economica degli Stati Uniti d'America. Alla base abbiamo la citazione con la quale ho aperto il mio pezzo della settimana passata:

"Le crisi finanziarie non distruggono il capitale; esse semplicemente rivelano fino a quale punto fosse stato già distrutto dall'impiego capzioso in attività palesemente improduttive" - John Stuart Mill

La difficoltà è che le politiche che hanno finanziato le attività improduttive e a forte debito sono estremamente popolari fino a rappresentare la cultura di almeno due generazioni. Se da una parte la recessione/depressione deflazionistica renderà queste politiche addirittura più costose e distruttive di quanto siano state nel portaci al punto di rottura, le stesse politiche sono dei moventi politici così basilari che il cambiamento economico e politico sarà impossibile senza un vero e proprio cambiamento culturale.

Dovrebbe essere ovvio che farsi prestare denaro a breve termine nel mercato commerciale per prestare denaro a lungo termine a cattivi debitori [NdT: ad esempio a debitori subprime] finanziando mutui e credito al consumo sulla base di garanzie non adeguate non e un modello economico ragionevole. Eppure in qualche maniera l'alchimia finanziaria moderna è stata accettata come capace di trasformare il piombo in oro con una spruzzata di polvere magica AAA. Dovrebbe essere ovvio che una casa, una volta costruita, non è un bene produttivo in quanto non genera reddito e al contrario assorbe una frazione significativa del reddito del suo proprietario tramite gli interessi sul mutuo, le tasse di proprietà, la manutenzione e le utenze. Dovrebbe essere ovvio che il debito personale (ad esempio le carte di credito), contratto per l'acquistato di beni di consumo, non produce alcun flusso di denaro produttivo col quale ripagare il debito, anzi diventa un ostacolo per il consumo futuro poiché gli interessi eroderanno una parte maggiore di redditi stagnanti. Dovrebbe essere ovvio che un'auto che pesa il doppio e consuma il doppio non è altrettanto produttiva di una piccole ed efficiente e costando il doppio finirà col danneggiare di più il risparmio e l'investimento produttivo a causa del debito eccessivo. Dovrebbe essere ovvio che il settore finanziario, nel ruolo di intermediario tra i risparmiatori e le attività produttive bisognose di capitale non dovrebbe mai crescere al punto da rappresentare da solo il trenta percento dell'attività economica. Ciononostante i mercati di tutto il mondo hanno seguito senza scrupoli la strada della sotto-produzione, del non-risparmio e del sovra-consumo come se fosse la strada per la prosperità anziché uno sperpero di capitale in attività palesemente improduttive.

Sarà davvero un politico molto coraggioso che dirà che i giovani dovrebbero risparmiare il venti percento per finanziare l'acquisto della loro prima casa (come è la regola generale nei paesi che non hanno mai conosciuto i cicli di boom e crisi immobiliare come la Germania e la Svizzera). Sarà davvero un politico molto coraggioso che dirà che i consumatori dovrebbero risparmiare il denaro per acquistare beni di consume e automobili [NdT: ossia senza ricorrere al credito al consumo]. Sarà davvero un politico molto coraggioso che aumenta le tasse sulle case mono-familiari [NdT: molto diffuse in USA] e sulle automobili di proprietà nel bel mezzo di una crisi immobiliare e del boom del prezzo del petrolio. Sarà davvero un politico molto coraggioso che dice che il settore finanziario non dovrebbe essere sovvenzionato dal governo per mezzo di detrazioni sugli interessi, detrazioni su speculazioni improduttive, elusione fiscale attraverso finanziarie off-shore e tutte gli altri metodi finalizzati a permettere finanziamenti alle prossime elezioni.

In breve, il sitema che per sessanta anni e precipitato nel più grosso ciclo del debito della storia potrebbe non essere adeguato ad affrontare il più grosso ciclo di deflazione della storia, se decide di prescrivere lo stesso "olio di serpente" che ha ammalato l'economia in primo luogo, anziché la dieta (fiscale) bialciata e l'eserczio (economico) che tutti sappiamo che sarebbe necessario [NdT: lo "Snake Oil" ossia "olio di serpente" è una medicina tradizione cinese, in inglese it termine è usato nel senso dispregiativo di "unguento miracoloso", soprattuto nel caso si tratti di una truffa].

Persino gli organismi di controllo bancari, che dovrebbero sapere meglio di altri che l'aumento repentino del valore di beni da investimento è l'indicatore più sicuro di futuri fallimenti bancari, hanno deciso invece di credere alla favola e ignorare la realtà. Invece di intervenite per evitare gli eccessi finanziari, i regolatori si sono congratulati con se stessi per avere sotto controllo un settore finanziario robusto e innovativo, mentre riscrivevano le loro regole in modo da abbracciare i deludenti modelli del mercato basati sul rating che permettevano di sotto-capitalizzare rischi maggiori e meno trasparenti.

Se il problema di base che ha portato all'attuale congelamento dei mercati del credito è la dislocazione del credito in attività improduttive durante gli anni del boom, allora nessuna quantità di nuovo credito risolverà il problema a meno che le distorsioni che hanno promosso la dislocazione non siano affrontate da cambiamenti di normativi e fiscali. Salvataggi e ricapitalizzazioni di attività del passato scavano solo un buco più profondo, sperperando altro capitale delle giovani generazioni nelle attività improduttive già finanziate dalla generazione attuale.

Correggere il bias verso lo sperpero di capitale non sarà né semplice, né popolare. Correggere il bias verso l'investimento non produttivo richiederà un cambiamento enorme nelle strutture politiche, nei canali di intermediazione finanziaria, nelle abitudini di risparmio e di consumo, e incentivi economici che mettono in dubbio virtualmente ogni assunzione fatta da almeno due generazioni di uomini di affari americani e esportata ai consumatori di tutto il mondo.

[...]

Il credito al consumo è visto come una necessità fondamentale da virtualmente tutte le classi di lavoratori. Spostare la popolazione dal prestito al risparmio richiederà un enorme cambiamento normativo e culturale. Poche delle generazioni cresciute nella gratificazione istantanea dei desideri cambieranno volentieri e volontariamente a vivere secondo le proprie possibilità e risparmiando per le necessità future.

In breve, non esistono soluzioni facili. Abbiamo ipotecato la nostra prosperità futura al ripagamento del nostro debito attuale. Vivremo meno bene in futuro, come anche i nostri bambini, per un certo periodo. Tramite inflazione o deflazione il nostro debito dovrà essere estinto. Il risparmio dovrà essere inconraggiato e dovrà essere allocato in investimenti produttivi, che produrranno non solo prosperità futura, ma anche equità sociale per minimizzare i conflitti sociali.

Quelli che ci hanno venduto o imposto l'attuale insieme di norme e pratiche ri-imbottiglieranno il loro "olio di serpente" sotto nuove etichette. Dobbiamo essere attenti prima di comprare quantità industriali decine di miliardi di dollari delle stesso vecchio "olio di serpente" che ha già ammalato le nostre economie e processi politici. Negli Stati Uniti classifico i salvataggi di Bear Stearns/JPMorgan e Fannie/Freddie come "olio di serpente", che perpetra i sussidi alla speculazione nell'improduttivo mercato immobiliare. In Gran Bretagna classifico le voci sulla riduzione delle tasse sulle compravendite immobiliari ugualmente come "olio di serpente". L'"olio di serpente" sfortunatamente fa vincere le elezioni perché fa leva su votanti che sono politicamente importanti. Come risultato potremmo essere sul punto di entrare in una fase pericolosa in cui le strutture democratiche sono sbilanciate verso politiche economiche dannose che danneggiano ulteriormente la crescita e la prosperità future perché l'investimento in attivitàinproduttive è talmente diffuso da formare parte della cultura popolare.

La deflazione mette in dubbio molte delle assunzioni che funzionano in un contesto inflazionistico: "La proprietà è un investimento sicuro" e "Investire in azioni sul lungo periodo conviene" e "I governo non fanno mai bancarotta". Quando le persone sono costrette a riconsiderare le fondamenta delle loro nozioni finanziarie, allora riconsidereranno anche le fondamenta delle nozioni politiche. È stato in simili circostanze che nazioni del passato hanno abbracciato l'odio razziale, le divisioni etniche, le discriminazione sessuali, l'imperialismo economico e la guerra come mezzo per distogliere il pubblico discontento dalle elite in pericolo.

Ma tieni a mente chi ti ha venduto l'"olio di serpente" che ti ha fatto male, e sii sospettoso delle nuove bottiglie di qualsiasi forma e dimensione offerte dagli stessi commercianti.

sabato 2 agosto 2008

Cosa si può fare per risolvere la crisi?

"Panics do not destroy capital; they merely reveal the extent to which it has been previously destroyed by its betrayal into hopelessly unproductive works".
"Le crisi finanziarie non distruggono il capitale; esse semplicemente rivelano fino a quale punto fosse stato già distrutto dall'impiego capzioso in attività palesemente improduttive"

- John Stuart Mill
La domanda più imbarazzante che mi fanno le persone a cui parlo (lo ammetto, ossessivamente) di quello che sta succedendo all'economia mondiale suona più o meno così: "Ok, il valore degli immobili crolla, le banche implodono, l'economia va a rotoli, ma cosa si può fare?" Sfortunatamente la risposta è: "Non molto".

La radice del problema è sintetizzata alla perfezione dalla frase di John Stuart Mill utilizzata come incipit da London Banker¹ nel suo post di ieri in cui presenta la teoria della defalzione del debito con cui Irving Ficher spiega la genesi della Grande Depressione.

Al colmo della generalizzazione e della semplificazione tutte le crisi finanziarie sono uguali come avevo sostenuto in Si fa presto a dire crisi, la distruzione di ricchezza avviene durante la lunga fase di insostenibile espansione del debito a finanziamento di attività improduttive. La crisi finanziaria è solo il momento di 'epifania' in cui improvvisamente tutti gli attori della tragedia, creditori, debitori e chi passava di lì per caso, realizzano quanto siano state folli e devastanti le proprie azioni. Ormai la ricchezza (il capitale) è scomparsa da tempo e quello che rimane è una mole di "pagherò" che non saranno ripagati e di quotazioni sopravvalutate.

E' successo talmente tante volte nella storia dell'umanità da risultare allo stesso tempo tragico, ridicolo e noioso.

Oggi, nel cuore della crisi finanziaria, girano centinaia di miliardi di dollari di "pagherò" e migliaia di miliardi di dollari di sopravvalutazioni. Quasi tutto ciò che ha un valore ed è considerato un bene (asset) è a rischio, siano essi CDO, depositi bancari, fondi pensione, obbligazioni societarie o immobili, azioni, commodities. Le valutazioni, i numeri sono basati sulla presenza di ricchezza (forza lavoro, capacità produttiva, risorse naturali) che non c'è e che non si può inventare. I numeri quindi si devono aggiustare, qualcuno si troverà molto più povero di quello che credeva e a qualcuno andrà meglio.

L'unica cosa che si può fare ora è cercare di spostare le perdite da Tizio a Caio. Gli interventi delle banche centrali, i salvataggi delle banche sull'orlo del fallimento, i piani di supporto a chi ha un mutuo non sono altro che questo. Tentativi di spostare le enormi perdite di valore da amici di chi a potere a qualcun altro.

E provate a indovinare i politici, i banchieri, i burocrati su chi pensano di spostare tutte le perdite possibili? Eccellente intuizione! Su di te e su di me.

Aggiornamento: mi sono distratto un attimo e negli Stati Uniti è fallita un'altra banca. Niente di spettacolare, una cosetta da nemmeno $250 milioni, a mala pena da prima pagina per l'edizione del sabato.

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¹London Banker è lo pseudonimo di uno dei commentatori regolari del blog di Nouriel Roubini, che ho presentato nel mio Mini "chi è chi" dei blog finanziari, pubblica una volta a settimana sul blog Finance & Markets Monitor e recentemente ha anche iniziato a tenere un suo blog London Banker.