giovedì 22 gennaio 2009

"Eccesso di debito" ed "eccesso di credito"

Stand ha pubblicato un altro articolo molto interessante: La morte della speranza. Come sempre consiglio di leggerlo tutto, ma qui mi voglio concentrare su ciò che Stand identifica come il cuore del problema:
Il debito del sistema è cresciuto troppo rispetto alla ricchezza che il sistema stesso è in grado di produrre.
Sacrosanto. E concordo che questo è un pezzo del problema dei sistemi economici e finanziari attuali.

Ma manca la controparte. Non può esistere un problema di "debito eccessivo" senza che esista anche un problema di "credito eccessivo". Ogni dollaro preso in prestito è un dollaro prestato.

E non ci sono monete legali e riserve frazionarie che possano spiegare da dove arrivi il "credito eccessivo". Se ci sono troppe persone che si sono indebitate oltre misura e non potranno ripagare i propri debiti significa che ci sono state altrettante persone che hanno risparmiato oltre misura e ora vedranno evaporare i propri "risparmi".

La mia ipotesi è che l'eccesso di credito nel sistema sia un problema reale e sia da attribuire, per lo meno nei paesi avanzati, ai sistemi pensionistici obbligatori come accennato in Il segreto del sistema finanziario. Essere obbligati ad investire per la pensione (ma non a risparmiare visto che ci si può sempre indebitare) è stato il propellente della bolla del debito, più dei tassi di interesse e della moneta legale.

Non si può risolvere il problema dell'eccessivo debito assunto del sistema se non si risolve contemporaneamente il problema di un sistema che impone si estendere eccessivo credito. Ma di questo secondo problema non si interessa nessuno.

17 commenti:

andrea ha detto...

quando si passò al sistema pensionistico "ad accumulo" sostenni che tale passaggio, oltre al drenare risorse all'economia, facendola entrare in una crisi di sovrapproduzione (più beni disponibili che soldi per comprarli, essendo accantonati per la pensione)almeno per il periodo transitorio in cui sarebbero state pagate sia le pensioni maturate precedentemente, sia escluse le risorse per l'accumulo, dicevo, oltre a questo danno temporaneo, si sarebbero creati dei capitali la cui entità sarebbe stato difficile remunerare e impiegare in modo produttivo.
beh, finalmente trovo un sostegno a questa mia osservazione.

andrea ha detto...

a riguardo del problema del debito, io penso che non sia tanto l'entità del debito, quanto cosa esso rappresenta.
spiego meglio.
valore reale lo crea solo il lavoro.
valore finanziario lo crea sia il sistema bancario che il mercato.
il denaro è sia unità di misura del valore, che mezzo di accumulo del valore stesso.
ora il problema, come quello attuale, nasce quando si accumula valore finanziario superiore al valore reale.
si ha quindi del denaro che non rappresenta più dei valori reali.
tale scostamento lo si può reggere fino a quando qualcuno si accorge che "il re è nudo" e che quindi ne prendono coscienza tutti.

andrea ha detto...

.... e infatti si comincia a "bruciare" ricchezza in borsa e nei valori immobiliari, che sono in effetti il "dove" maggiormente il mercato ed il sistema bancario immettono valore puramente finanziario.

andrea ha detto...

quando ci si accorge che il mercato, con la legge della domanda e dell'offerta, crea valore finanziario e agisce sull'economia esattamente come la zecca quando stampa denaro, solo con effetto ritardato (quando cioè si tende a realizzare il "guadagno" fatto), in genere, il danno è già stato fatto.
il ridimensionamento dei valori, globalmente, corrisponde esattamente a quanti debiti non possono più essere onorati.
pertanto si potrebbe anche dire che i crediti che vanno in fumo, corrispondono infine ai valori virtuali creati dalla finanza.
con buona pace per chi credeva di aver trovato nella finanza il nuovo eldorado.

Alessandro ha detto...

@andrea,

vorrei rispondere a molte delle cose che dici. Per ora vado per ordine:

"più beni disponibili che soldi per comprarli, essendo accantonati per la pensione"

Andrea a mio giudizio il tuo è un errore piuttosto tipico.

I soldi dei contributi pensionistici non sono "accantonati", sono risparimati da te oggi e "prestati" a qualcuno che li spende oggi e che promette di risparmiali a sua volta e di renderteli domani. La quantità di beni e di denaro nell'economia sia oggi che domani non cambia con l'introduzione dei contributi pensionistici.

Anzi visto che la mia regola zero della finanza è che un ragionamento finanziario deve sempre poter essere espresso senza usare la parola "denaro" o non è valido.

Risparmiare per la pensione significa che qualcuno usufruisce oggi dei beni e dei servizi a cui tu rinunci oggi, in cambio della promessa che sarà lui a rinunciare a qualcosa di valore equivalente domani per darla a te.

andrea ha detto...

forse non sono stato chiaro.
quando era in vigore il sistema a ripartizione, tutte le risorse "guadagnate"dal lavoro (compresi i contributi previdenziali) tornavano ai consumi, in quanto tali contributi servivano a pagere pensioni.
con l'introduzione del sistema ad accumulo, parte delle risorse destinate alle future pensioni, vengono "accantonate", risparmiate, dilla come vuoi, ma non tornano ai consumi, ma formano capitali.
pertanto il totale delle risorse che tornano ai consumi, diminuisce, mentre aumenta il risparmio.
tale aumento, utile nei momenti in cui serve aumentare le produzioni (in quanto possono finanziare investimenti produttivi) diventano un danno quando invece andrebbero aumentati i consumi, proprio perchè tolgono risorse a tali destinazioni.
in totale, quando si favoriscono le classi più agiate (che potendo già permettersi tutto ciò che desiderano)NON si favoriscono i consumi, mentre quando le politiche fiscali favoriscono quelle meno agiate, li favoriscono.
sommare il primo tipo di politica a un'altra di risparmio forzoso (come l'introduzione del sistema ad accumulo) è , ed in effetti si è visto quanto, un modo quasi criminale di frenare l'economia.

andrea ha detto...

condivido la tua "regola zero", anche se qualche volta, per eccessivo slancio nello scrivere, la dimentico. me ne scuso.

andrea ha detto...

grazie per il suggerimento offertomi su due cents....
vado a leggere.

Alessandro ha detto...

@andrea,

mi rendo conto di andare contro corrente rispetto al pensiero comune e quindi che tocchi a me la giustificazione della mia anomalia, ma non credo che possa mai esistere la "necessità di favorire i consumi" dei privati.

Reditribuzione della ricchezza magari sì. Addolcire una fase di transizione per dare tempo alle aziende di riconvertirsi magari sì. Ma favorire il consumo privato come aggregato e a tempo indeterminato mi sembra una pura assurdità economica. Di tale portata che persino un kaynesiano dovrebbe arrivarci.

Ovviamente tutti i politici si stanno scapicollando a fare esattamente questo ed è a mio parere uno dei motivi principali per cui le cose finiranno molto peggio di come avrebbero potuto.

In due parole la mia giustificazione è questa:
* tutto ciò che viene prodotto deve essere consumato (o si butta)
* tutto ciò che viene prodotto o ha una utilità immediata (cioè è consumato dai privati) o è funzionale ad aumentare la produttività futura (cioè e consumato nell'ambito di un investimento, ad esempio in attività di ricerca e sviluppo o nella realizzazione di infrastrutture realmente utili)

Favorire i consumi dei privati, per forza di cose, significa sfavorire i consumi per investimenti. Ma da dove è che arriva la crescita economica?

andrea ha detto...

Alessandro, scusa se te lo chiedo, ma dove vivi ?
Hai già fatto un trasloco di casa ?
Oppure un semplice giro, metti caso, in cucina, o negli armadi ?
Ti chiedo del trasloco perché mai come in tale occasione, dovendo imballare tutto ciò che uno ha in casa, si rende conto di quante cose inutili, o che non usa da tempi immemorabili, ci siano. O forse tu sei l’eccezione. Così fosse chiedi in giro.
La cucina perché è il luogo che più si riempie di apparecchi belli, funzionali, che poi non si usano mai.
Per non parlare del vestiario.
La nostra società, se non te ne sei accorto, è passata dal produrre il richiesto, a far richiedere il prodotto.
Le campagne pubblicitarie ne sono lo strumento.
E la maggior parte delle persone si sente un “escluso”, o peggio, un non essere, se non ha l’ultimo amenicolo pubblicizzato come indispensabile ad attirare la bella ragazza, a conquistare il coniuge, o il capoufficio, o chi vuoi tu.
E tutto ciò come lo chiami tu, se non “consumi privati” ?
E soprattutto, consumi pilotati, la maggior parte delle volte inutili o almeno non essenziali come vogliono farti credere. Quando ancora lavoravo (da alcuni anni sono pensionato) ero sempre perfettamente rintracciabile nel giro di poche decine di minuti, la segretaria sapeva sempre il mio programma di spostamenti, e , quando mi chiedevano il numero di cellulare ed io rispondevo di non averlo , mi guardavano come un troglodita, ed io mi divertivo un mondo. Ed io ero mediamente più rintracciabile dei miei colleghi con uno e a volte due telefonini, perché proprio sulla base di essi, non si rendevano mai conto quando fossero fuori campo.
L’aumento di produttività porterebbe ad una involuzione del mercato se non si aprono nuovi mercati.
Ma nuovi mercati significano o nuove persone (paesi) per vecchi prodotti, o vecchie persone (paesi) per nuovi prodotti.
Quindi raggiunta l’espansione dei vecchi prodotti su scala planetaria, l’aumento di produzione può sfociare solo nella creazione di nuovi prodotti. Che siano utili o no non importa, basta che entrino nel ciclo commerciale di produzione, commercio, acquisto. L’uso ormai è un’opzione.

andrea ha detto...

Cari Alessandro e Stand
Mi rivolgo a voi cercando una risposta ad una domanda che mi assilla da un pò di tempo.
E la pongo con un esempio.
Una società che fabbrica ad esempio biciclette, compera i pezzi, li assembla, vende le biciclette.
Per coprire la necessità di liquidità, occorrente per pagare sia i componenti che i lavoratori, prima di poter incassare il frutto della vendita, si rivolge alla banca per un fido.
È una azienda sana, per cui dalla vendita, sottratti i costi e le tasse, produce un utile, che distribuisce come dividendo agli azionisti.
Uno dei costi è il servizio bancario, in quanto il fido gli costa, anche salato.
Il valore delle sue azioni è determinato anche dalla consistenza dei suoi dividendi, oltre che dagli investimenti, dalle prospettive, ecc….
Ora la domanda.
Se invece di pagare dividendi, trattenesse il guadagno, e anno dopo anno riducesse la necessità di fido, non sarebbe meglio ?
Il valore delle azioni non dovrebbe scendere visto che, se è vero che non distribuisce dividendo, è anche vero che aumentando i mezzi propri, cresce il valore dell’azienda stessa.
Ma risparmiando in tal modo gli interessi pagati alla banca, non aumenterebbe i propri utili ?
Il limite sarebbe che, avendo accantonato tanto guadagno quanto originariamente era l’entità del fido, potrebbe in un secondo tempo, ricominciare anche a distribuire dividendi.
Non è stata forse questa la politica di Bill Gates ? e perché non la adottano tante altre aziende ?
Vero è che ricorrere ai debiti bancari può velocizzare certe operazioni, ma ha un costo che mi pare, alla fine paga il consumatore.
Qual è secondo voi, il vero interesse delle aziende, nell’indebitarsi ?

andrea ha detto...

La risposta, non soddisfacente perché mi sembra parziale, incompleta, è la seguente.
Se gli azionisti , nel caso non venisse dato dividendo, avessero bisogno di un ritorno liquido, potrebbero vendere una parte di azioni, essendo aumentato il loro valore.
Questo non sarebbe problema per cassettisti o azionisti di minoranza, ma per un azionista di maggioranza, potrebbe costituire un problema trovarsi con una percentuale minore di proprietà.
Dico che mi pare una ragione inadeguata al vantaggio che si potrebbe avere, anche perché in tale ipotesi potrebbe esser proprio tale azionista di maggioranza a chiedere un finanziamento alla banca dando in garanzia un pacchetto dal valore aumentato.
Tolto questo, però non trovo altri motivi.

andrea ha detto...

Caro Alessandro
Ho riletto il tuo ultimo post, e forse lo avevo mal interpretato.
Forse non sei così favorevole all’aumento dei consumi, come mi era parso inizialmente, pertanto, forse la mia risposta sfonda una porta aperta.
Guardando la crisi attuale da un punto di vista meno economico e più filosofico, dovremmo domandarci molto più che modello di società vogliamo DOPO esser usciti dalla crisi, piuttosto che COME uscire dalla crisi.
Anche perché “uscire dalla crisi” potrebbe cambiare molto di significato, perché magari una stagnazione potrebbe essere “l’uscita dalla crisi”. Oppure una depressione.
Un modello di società che premi l’aumento continuo e incontrollato di produttività, che con tale aumento premi essenzialmente il capitale anziché il lavoro, può esser utile e sopravvivere in un mondo in cui la maggior parte delle persone non siano ancora state toccate da tale crescita, e, anzi ne favorisca l’ingresso, ma poi ? ecco che l’aumento di capitali, che porta all’aumento di investimenti in ricerca e sviluppo, porta poi all’aumento dei prodotti, del numero e natura dei prodotti, in una spirale ossessiva in cui l’uomo/consumatore è una componente e non il soggetto ultimo a cui dedicare tale sviluppo.
Quindi anziché puntare ad una maggiore vivibilità per l’uomo, assecondando la sua natura e le sue necessità, lo si usa e include in quella forsennata corsa all’aumento che lo stritola e annulla.
Ecco perché vorrei tanto parlare del “e dopo” ? che modello di società vogliamo per “dopo” ?
Sei d’accordo o no ?

Alessandro ha detto...

@andrea

mi sembra che con un po' di lavoro finiremo a pensarla in maniera molto simile :)

Gli investimenti non generano solo "prodotti consumistici", anche se quella è la strada più facile per le aziende che non sanno innovare realmente.

Internet è l'esempio recente più impressionante di cosa si può ottenere da una enorme mole di investimenti utilizzati bene. Prima di internet il mio lavoro attuale nemmeno esisteva e per realizzare le cose che io faccio in mezza giornata dovevi mobilitare un team di esperti della IBM per una settimana.

Una società/economia che disperde il proprio capitale di risorse "favorendo i consumi", finirà prima o poi sorpassata da un'altra società/economia che ha un gusto più sofisticato per l'investimento. Questo gusto per l'investimento è stato, a mio parere, uno dei cardini del successo degli Stati Uniti negli ultimi due secoli.

Investire male è sprecare, esattamente come consumare male. La gara sarà a quale società troverà per prima la strada per consumare e investire in maniera nuova e "migliore".

Dove "migliore" sarà la "selezione naturale" a stabilire cosa significhi.

Alessandro ha detto...

@andrea

e sono d'accordo. "E dopo?" è una domanda molto interessante e alla quale ho pensato abbastanza, ma senza arrivare a conclusioni sufficientemente interessanti, fino ad ora.

a ha detto...

caro Alessandro, tu dici:
"E non ci sono monete legali e riserve frazionarie che possano spiegare da dove arrivi il "credito eccessivo". Se ci sono troppe persone che si sono indebitate oltre misura e non potranno ripagare i propri debiti significa che ci sono state altrettante persone che hanno risparmiato oltre misura e ora vedranno evaporare i propri "risparmi"."
io su questa frase ho riflettuto molto, ed ho anche fatto alcuni disegnini, ma, penso che sia errata almeno all' 80%.
come ho già provato a dire molte volte, ci si accorge dell'eccesso di liquidità quando si hanno spinte inflattive.
e queste si creano quando ci sono più soldi DESTINATI ALL'ACQUISTO MERCI che merci.
ma l'inghippo sta proprio nella parte in maiuscolo della frase.
banca centrale stampando denaro, banche commerciali aumentando la leva dei depositi frazionati, possono generare liquidità quasi all'infinito, ovviamente occorre sempre qualcuno che tale debito lo richieda, ma la sensazione che ce ne sia troppa, viene solo ed esclusivamente dal crearsi di spinte inflattive.
ora la liquidità può esser messa sotto il materasso, può esser depositata in banca, può prendere la via dell'estero, oltre che acquistare merci, ovvero può essere accumulata.
pare un paradosso che si facciano prestiti per accumulare magari in banca, ma non lo è se chi fa prestiti è un soggetto diverso da chi accumula.
e qui torniamo a quanto dissi già varie volte.
a correggere le spinte inflazionistiche o deflazionistiche, può essere la politica monetaria, ma SOLO quando esse sono piccole, di scarsa entità.
quando si manifestano in misura dello stesso ordine di grandezza del tasso di sconto, deve intervenire la politica fiscale, perchè quella monetaria ha già dimostrato di non esser sufficiente.
ed in caso di inflazione bisogna intervenire su tutte le classi, mentre in caso di deflazione SOLO sulle classi più ricche, quelle che accumulano, quelle alle quali anche togliendo parte della loro ricchezza o del loro reddito, NON diminuiscono i consumi.
quindi il problema non è CHI è il creditore, ma CHI detiene la liquidità.

andrea ha detto...

mi è sfuggito il dito sul mouse....ilpost precedente è mio